Una domenica straordinaria

Sono un rugbista, lo si sa.
Quella cosa con la palla ovale la metto ovunque. Colpa di mio padre, che sotto sotto, mai dicendolo apertamente, ha sempre voluto seguissi le sue orme.
Le strisce biancorosse, il Rho, a Rho. Lui capitano, io capitano, la volontà del padre. E’ destino.

Rugby

Rugby

Poi però quest’anno qualcosa s’è incrinato. Più con le persone che con la palla ovale e le strisce biancorosse. Ed è per questo che ho deciso che questa sarà l’ultima stagione che gioco.
Ma non è di questo che voglio parlare. Voglio parlare del fatto che questo è lo sport più bello del mondo. Ed oggi ne ho avuto la prova.

Non è per i punti, non è per le mete, è per un episodio semplicissimo, ma ci vuole una premessa in termini di regolamento.
C’è una cosa nel Rugby che si chiama “Mark”. Non so perché ha questo nome e si chiama così, ma funziona in questa maniera che spiego per i profani: un giocatore è nei propri “22”, che sono l’ultima linea di difesa prima della meta, e gli avversari calciano un pallone che lui prende al volo (obbligatoriamente senza farlo rimbalzare). Se a questo punto il giocatore in questione urla “Mark”, il gioco si ferma e l’arbitro assegna un calcio diretto. Questo significa che il giocatore può scegliere se far riprendere il gioco toccando la palla e passandola ad altri compagni, oppure andare in touche con un calcio, il “fallo laterale”, la touche però la “giocheranno” gli avversari.
Si gioca con una linea di giocatori da una parte e dall’altra, separati da un metro, il tallonatore lancia la palla in mezzo ed i due schieramenti se la contendono.
Se il giocatore va in touche, il gioco riprenderà con una touche nel punto esatto dove cade il pallone.
A tutto questo c’è una variante (lo so, il rugby è un gioco complicato, come la vita), se il giocatore avversario prende la palla che esce e NESSUNO l’ha toccata, può giocare una touche da solo, senza aspettare che si formino gli schieramenti.
E’ per questo che è stata una domenica straordinaria.
Succede che gli avversari chiamano il Mark, succede che cercano di andare in touche, ed il punto dove la palla cade è proprio vicino alla panchina avversaria, dove ai presenti basta semplicemente stare fermi per fare in modo che la palla sbatta contro uno di loro ed io (che gioco ala) non possa “giocarla veloce”.
E’ qui che la mia domenica si trasforma: l’allenatore avversario, dice a tutti “spostatevi, spostatevi” per darmi la possibilità di giocarla veloce.
Veloce non la gioco, non ci riesco e non conviene.
Ma tutti loro si spostano per darmi la possibilità di farlo.
Tutta la mia idea di rugby, a cui ho dedicato vent’anni della mia vita, è chiusa nelle parole di un allenatore, che nemmeno so come si chiama.
Poi le mete, il “man of the match”, i calci piazzati e soprattutto la sconfitta (di misura) passano in secondo piano.
Tutto è nelle parole di chi indirettamente mi ha detto che il Rugby è lo sport più bello del mondo.
Il più bello.
Senza storie.
Questa è stata una delle domeniche migliori della mia vita, senza dubbio.