L’Irlanda, il rugby e lo sport in Italia

L’Irlanda ha vinto il sei nazioni di rugby. Non l’ha fatto in una maniera comune, ha fatto il “Grande Slam” che significa vincere tutte le partite del torneo, tale evento per gli Irlandesi non si verificava dal ’48, sessantuno anni fa. Pare un evento di cui bisognerebbe parlare almeno nei TG sportivi, invece nulla.
Dal 2000, anno della nascita del sei nazioni, il Grande Slam è riuscito a quattro delle sei nazioni partecipanti: Francia, Inghilterra, Galles e Irlanda. La Scozia nel sei nazioni non ha mai fatto grandi slam, ma quando il torneo si chiamava cinque nazioni, sì.

Irlanda

Irlanda

E l’Italia? Ah già, l’Italia.

L’Italia arranca, alterna buone partite (rare ultimamente) a sconfitte di misura o disastrose, ma ci sta. La Francia che oggi spaventa tutti ci ha messo 49 anni prima di vincere un (allora) cinque nazioni. Quindi si può tranquillamente dire che il rugby in Italia ha bisogno di crescere e lo sta facendo, non sempre nella maniera ottimale, ma lo sta facendo.
La riflessione scatta però su ciascuna delle “altre” cinque nazioni, dove ogni partita, non ultima la sensazionale “finale” al Millennium Stadium di Cardiff tra Galles e Irlanda, è uno spettacolo sublime. Migliaia di persone allo stadio, migliaia a seguire l’evento in TV, uno show che richiama tutti gli appassionati di rugby sull’attenti.
Ora, il Flaminio (lo stadio romano dove gioca l’Italia) è bello, niente da dire, ma a confronto degli altri impallidisce un poco. E sono i perché di questo fatto a far riflettere, vista l’enorme disponibilità di stadi in Italia.
Il rugby in Italia c’è, è presente, ma non decolla. E come il rugby tanti, tantissimi altri sport non lo fanno. Ai telegiornali sportivi c’è una finestra, molto piccola riservata a ciò che non è il calcio, generalmente gli ultimi due o tre minuti. E non ci sono sei nazioni, mondiali o altro evento che tenga. Al centro di tutto c’è il calcio.
Non che la cosa sia sbagliata di per se, il calcio è probabilmente lo sport più praticato al mondo, ma la sensazione generale è che un ragazzo indeciso su che sport praticare in Italia non abbia molta scelta.
E questo è un male.
Ognuna delle altre nazioni citate all’inizio ha sì una cultura rugbystica importante, ma in questi paesi gli altri sport vivono, si parla di calcio certo, ma anche di rugby, di cricket, di hurling, di basket, di pallavolo… Insomma di sport. E questo significa che la scelta c’è. Vista la propria attitudine si ha certamente la possibilità di praticare lo sport che si sente più affine.

E tutto questo c’entra poco con il fatto che chi scrive gioca da vent’anni a rugby, che si consola a vedere nei concentramenti del mini rugby centinaia di bambini che inseguono la palla ubriaca. Ma qualcosa deve cambiare in questo senso, per tutto lo sport.
Non è questione di rugby, è questione di scelta.