Fiera delle mediocrità – Mediocrity fair

Lunedì sera ho suonato con la mia band (gli AnteprimA, www.bluscurock.com) presso il locale Le Trottoir di Milano. Sì, era lunedì sera, faceva freddo e tu m’insegni, anche se sei in porta Genova a Milano, ergo in un posto che più figo non si può, se a vederti conti 10 teste sconosciute è un successone.

Vista Le Trottoir

Vista Le Trottoir

Ecco, diciamo che non è stato un successone.

Lo spettro della mediocrità aleggia. Lo avverti quando ti sembra di aver fatto qualcosa di notevole, ma che per qualche ragione non caga nessuno.
E’ un po’ come quando una ragazza sceglie un altro al tuo posto, “cos’ha lui che io non ho?” è la prima domanda che ti viene in mente. Le risposte possono essere molteplici, c’è chi fa introspezione e pensa “effettivamente ho un mare di difetti, chi vorrebbe star con me?”, chi si rianima subito con un “il mare è pieno di pesci” e chi infine si rivale, del tipo “l’ho sempre saputo che quella non capiva un cazzo”.
Rimane il fatto che devi partir da capo, a cercare una donna o, in questo caso, del pubblico.
Ah, il pubblico.
L’Italia è un paese strano. Tolte le esplosioni creative che portano la gente ad ascoltare “Sole, cuore, amore” per un’estate ininterrottamente per poi dimenticarsi a settembre chi la cantava, gli unici che vendono ancora dei dischi sono dei settantacinquenni. E mica dico cazzate eh, se Celentano fa il pieno di ascolti a 75 anni con un programma musicale in TV, vuol dire che qualcosa di strano in questo paese c’è.
Beninteso, non ho nulla contro Celentano, solo mi chiedo come sia possibile che l’evento musicale del 2012 sia stato il suo.
Eppure io non credo le persone vogliano davvero sentire sempre la stessa musica.
Ma allora perché non c’è niente di emergente che abbia un reale valore a parte i prodotti da un’estate che escono dai reality? Voglio dire, di chi è la colpa?
Di chi ascolta? Secondo me no.
Perché è da sempre (anche prima della crisi) che qui in Italia la tua musica nei locali ce la puoi portare solo se debitamente supportato da un nutrito pubblico che, manco a dirlo, devi portare tu.
Son poche le storie, se porti almeno venti persone una mezzora puoi suonare, altrimenti ciccia.
Non è come con i Police, che agli inizi suonavano nel locale in cui non c’era nessuno a sentirli (ma avevano tutto il tempo per farlo) e che han finito per sfondare. Qua la speranza non c’è. Mancano tutti i presupposti. Non esiste la reale volontà da parte di nessuno di voler ascoltare, valorizzare, dare opportunità.
La musica cantautoriale, per intenderci quella che non suona Ligabue, Vasco e compagnia bella è relegata a serate anonime in cui i gestori dei locali piuttosto che non incassare nulla dicono va bene, suoneranno 4 band mezzora l’una, ognuna delle quali porterà almeno 10-20 persone, ognuna delle quali berrà almeno una birra, perciò le mie 300-400 euro me le faccio (stima bassissima).
La cosa più triste è che il primato descritto è proprio dell’Italia, perché altrove la musica è diversa.
Con questo si vuole annunciare che gli AnteprimA si trasferiscono a Londra? Ci ritiriamo per manifesta mediocrità? Vediamo, spetta. Perché, posto che il valore della musica lo decide il pubblico, se non c’è pubblico ancora non è detto che la mediocrità riguardi esclusivamente te.
Quindi cosa fare per cambiare le cose? Qualche idea c’è, intanto si continua a suonare, fino ad ora ci hanno ignorato, magari inizieranno a prenderci in giro. A quel punto ci combatteranno e quindi vinceremo. Vero?

P.S.: se qualcuno cita Modà e Negramaro prevengo: rosico, lo ammetto.